Nel 2010 Vincenzo Cuccaro, un giovane di Castelvenere inizia, presso la pro-loco del suo comune, un periodo di un anno di servizio civile. La legge prevede che i giovani assegnatari dell’incarico svolgano il proprio servizio in attività sociali e di promozione culturale del territorio. Vincenzo e le sue colleghe hanno ricevuto il compito di occuparsi degli scatoloni polverosi e stracolmi ndi documenti, depositati nella sede della pro-loco di Castelvenere.
Chi si è occupato, qualche volta, di riordino archivistico sa di che lavoro ingrato esso possa apparire, a prima vista, e conosce bene la sensazione di sgomento che possono trasmettere delle scatole, in cui sono contenute delle carte senza ordine, relazione e apparente affinità. Per chi fa questo mestiere – non importa se da molto tempo o per la prima volta -, l’apertura di una scatola è sempre accompagnata dall’apprensione di dover dedicare tanto tempo a inutili documenti o dalla speranza romantica di trovare il “documento miracoloso” l’originale di grandissimo valore che farà luce su qualche “mistero” della storia.
Ovviamente non è quasi mai così: gli archivi sono solo l’espressione documentaria dell’attività di un ente o di una istituzione e le carte che lo compongono “raccontano” la storia di quest’ente o istituzione e, pertanto, l’archivio riordinato da Cuccaro è “semplicemente” costituito dai documenti prodotti dal Comune di Castelvenere negli anni tra le due guerre, gli anni del fascismo che vanno dal 1920 al 1939.
Tali documenti provengono dell’ufficio di Stato civile e anagrafe e da quello elettorale: si tratta di deliberazioni del podestà, contenenti il carteggio con la prefettura di Benevento in entrata e in uscita. Essi, inoltre, documentano in maniera precisa e approfondita il ventennio “vennerese”: dal numero degli abitanti alle attività produttive, dai luoghi di culto agli edifici civili come la scuola e l’ufficio postale, dalle elezioni politiche (del 1934) al concorso per la levatrice – con attenzione alle politiche assistenziali e familiari (quali i premi di nunzialità e natalità e le campagne antitubercolari) -, per finire con gli anni immediatamente precedenti il secondo conflitto mondiale, dalle guerre d’Africa alla preparazione della popolazione: l’istituzione degli ammassi e la creazione dell’Unione nazionale protezione antiaerea.
Tutta questa documentazione è confluita nel libro di Cuccaro, che ha, così, potuto raccontare la storia di una piccola comunità in un’epoca cruciale per la “Grande Storia” italiana e mondiale intrecciandole e mostrandoci le ricadute dell’una sull’altra. Marc Bloch, nella Apologia della storia – nota anche come Il mestiere di storico, diceva che gli archivi sono i granai della storia; qualche anno dopo, la Yourcenar avrebbe usato una metafora simile, definendo le biblioteche come “granai dello spirito” nel suo romanzo storico-filosofico su Adriano.
Ma Bloch fu anche fondatore delle Annales e teorico della storia sociale, quella che dà voce ai senza voce, che per la prima volta cerca di raccontare la storia delle classi subalterne, da una parte analizzando i movimenti ribellistici e rivoluzionari e, dall’altra, attraverso lo studio delle piccole comunità locali, apparentemente lontane dai luoghi di potere, come quella di Castelvenere. È quello che ha fatto l’autore, operazione, per altro, non sempre facile quando la storia è raccontata sulla base di una documentazione prodotta in un’epoca in cui ancora molta popolazione era analfabeta.
Una parte importante, nell’economia del volume, è costituita dalle biografie dei notabili del paese: podestà, preti, segretari del fascio, medici, avvocati, insegnanti. Sono essenzialmente queste le persone che, anche nella piccola comunità ai confini dell’impero, rappresentano la “storia” a tutti gli effetti, sono quelli che occupano tutte le cariche politiche, amministrative e religiose. Si tratta di personalità, senza far riferimento alle quali è impossibile descrivere queste senza parlare di quelli ed insieme compongono un chiaro affresco delle classi dirigenti e delle istituzioni “venneresi” nel ventennio.
Vent’anni di storia, dunque, raccontati per immagini, in cui il testo è ridotto al minimo indispensabile, mantenendo solo la funzione di collante tra documenti e foto che si susseguono dall’inizio alla fine. L’autore ha preferito farsi da parte, senza esprime giudizi, senza prendere parte, lasciando che le carte si rivolgano da sole al lettore perché sia lui stesso a leggerle ed interpretarle.
Antonietta Cutillo